Intervista su JarheadJake Gyllenhaal, Peter Sarsgaard, e il regista Sam Mendes hanno riunito la maggior parte del cast per il Premio Internazionale del film tenutosi il 27 Ottobre 2005 a Hollywood. L’unica assenza degna di nota è stato il premio Oscar Jamie Fox, il quale sfortunatamente non era disponibile perché impegnato sul set di “Miami Vice”.
Pare che Jake Gyllenhaal e il cast di “Jarhead” siano stati toccati profondamente dal periodo trascorso insieme allenandosi a interpretare dei Marine in “Jarhead”, il rude dramma basato sul libro di Anthony Swofford e sulle sue esperienze vissute nella cosidetta “Tempesta nel Deserto”. Raggiungendo il quotatissimo Jake Gyllenhaal al Premio Internazionale del film, l’attore ha condiviso con me quei momenti raccontando com’è stato prepararsi all’interpretazione di Tony Swofford e com’era la vita sul set di “Jarhead”.
Jake Gyllenhaal parla degli aspetti fisici nell’interpretare il ruolo principale in “Jarhead”:
Per prima cosa, prima di iniziare a girare, mi sono allenato. Ho fatto molto allenamento fisico. Nuotavo, andavo in bicicletta, correvo, facevo pesi e cose del genere. Poi siamo andati nei campi di addestramento per marine e abbiamo affrontato un addestramento piuttosto duro direi. Il tutto è durato all’incirca una settimana. Hanno dato le percosse necessarie come da copione, dopodiché il resto del film è stato più o meno così. Voglio dire: il primo giorno c’ero io con la testa picchiata 10.000 volte che veniva sbattuta su una tavola di gesso. Cose di questo tipo ti rendono l’idea.
Il co-protagonista di “Jarhead”, Peter Sarsgaard, ha affermato che dovevano fare 50 miglia di escursione a piedi. Gyllenhaal così ha risposto a riguardo: “50 miglia a piedi? E’ questo che ha detto Peter? Che fantasia… Andavamo spesso su una lunga gobba del terreno, per di più alla fine della nostra settimana di addestramento. Praticamente percorrevamo in una settimana quello che normalmente si percorre in sei settimane, molto, molto velocemente e il tutto giusto per provare. E alla fine nell’ultimo tratto correvamo come da esercitazione militare. Eravamo in squadra e risalivamo insieme i pendii o cose del genere. Dormivamo all’aperto, ma dovevamo prima superare l’altura e riscendere verso il campo. E così tutti insieme in marcia ci incamminavamo per fare un’escursione bella lunga. Non so se erano 50 miglia, ma le prendo per buone. Mi associo all’idea. 50 miglia sembrano piuttosto intense.
Jake Gyllenhaal e l’esperienza di rasarsi i capelli a zero per “Jarhead”: all’inizio credo di essere stato piuttosto terrorizzato all’idea di me stesso senza capelli. Ma poi mi sono sentito un vero duro. E’ una cosa che ti conferisce davvero più autorità. E’ stato quello l’inizio di un autentico senso di responsabilizzazione che Sam (Mendes) ha alimentato in noi e ha lasciato maturare, non so se mi spiego. Ci ha dato veramente spazio e ha dato a tutti noi fiducia in noi stessi. Il fatto di rasarsi i capelli in un certo senso faceva parte di un processo del genere, così come il metodo parallelo dei campi di addestramento, era insomma il processo di trasformazione in un marine.
Jake Gyllenhaal spiega la sua decisione di non aver voluto incontrare Tony Swofford prima di girare “Jarhead”: “Il fatto è che non so come mi sentivo… Durante le due settimane di prove Sam mi disse: “adesso è ora che metti da parte il libro perché dovrà diventare la tua esperienza personale. Non voglio che ti metti a citare il libro e quello che succede in questa o quella parte, capisci? L’intero processo dobbiamo farlo nostro, deve diventare la nostra esperienza personale”.
Penso che Bill Broyles che ha scritto la sceneggiatura, e anche Tony che ha scritto (il libro), riconosca una sorta di artificio nel personaggio. Ammetterà che anch’io devo riconoscere da parte mia come saranno presenti una parte di me stesso e l’altra metà di esso. Perché vivrò le sue esperienze, verificherò il modo in cui reagisco e cercherò di essere il più onesto e partecipe possibile. Se avessi continuato a fare domande a Tony, se lo avessi chiamato nel cuore della notte per dirgli: “Come ti sei sentito qui? Cos’è successo qui e che cosa stava accadendo veramente?” penso che (questo) avrebbe privato Sam del suo ruolo di guida come regista. E credo che nel mio caso mi avrebbe privato della mia reazione personale nei confronti di questa esperienza.
Jake Gyllenhaal al lavoro con il regista Sam Mendes: questo film in particolare è stato interamente su di noi che sperimentavamo alcune cose in modo realistico. Le provavamo veramente e le sperimentavamo sulla nostra pelle. Sam ci ha davvero incoraggiati ad entrare nella quotidianità, ad avere delle nuove idee e a dare a lui delle nuove idee. A mio avviso questa è l’unica cosa che fondamentalmente un regista può chiedere ad un attore. Forzarlo ad andare in un posto o in un altro non è l’ideale. E’ un po’ come dire: “Questo spazio è a tua disposizione, sentiti libero al suo interno. Fai ciò che più ti senti”.
Che cosa Jake Gyllenhaal ha apportato al personaggio che non era necessariamente presente nella sceneggiatura: “non so se riesco a spiegarlo veramente, sai? Semplicemente mi dicevo: “Devo mostrarmi senza reticenze, a prescindere da come mi sento adesso e da come mi sentirò dopo, in qualunque modo possa apparire e ovunque mi trovi. Devo cercare di essere veramente onesto in tutto ciò. Non proverò a seguire uno schema. In effetti non credo che questo film si affidi ad uno schema, credo piuttosto che l’atteggiamento mentale stesso sia il vero punto di vista del film.
Non penso che un Marine sappia quello che gli capiterà ogni giorno, così come un essere umano non può sapere cosa gli capiterà ogni giorno. Nè lo sapevo io mentre stavamo girando il film. Certo questo è cosa da poco in confronto a quello che un vero Marine deve sopportare, ma io cercavo semplicemente di rispondere a tutto ciò nella maniera più sincera e onesta possibile, e spero che le idee centrali del film e quelle di un Marine abbiano trovato una loro corrispondenza.
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